lunedì 17 gennaio 2011

SUL REFERENDUM E SUL DIKTAT




Leggo su "l'Unità" che"Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha inviato oggi ai leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, la proposta del sindacato, approvata sabato dopo il referendum Mirafiori, sulla rappresentanza e la democrazia sindacale"; non entro nel merito delle proposte ma della premessa e cioè, il "referendum" di Mirafiori e a tal fine cerco su Wikipedia il significato della parola "referendum".


"La parola referendum riprende il gerundivo neutro latino del verbo refero ed indica lo strumento attraverso cui il corpo elettorale viene consultato direttamente su temi specifici; esso è uno strumento di democrazia diretta, consente cioè agli elettori di fornire - senza intermediari - il proprio parere su un tema oggetto di discussione."


Se dell'AD di FIAT Sergio Marchionne ne ascoltiamo o ne leggiamo le dichiarazioni, la sensazione non è precisamente quella del referendum; ad esempio, se andiamo a leggere quanto riportato su Libero e cioè che "Il nostro obiettivo è quello di avere il 51%" al referendum del 13 e 14 gennaio per portare avanti l'investimento nel sito di Mirafiori. Se non si raggiunge il 51%, ha detto l'ad, "salta tutto e andiamo altrove" la sensazione è piuttosto quella del diktat; naturalmente sta a ciascuno di noi valutare se quanto avvenuto a Mirafiori sia perfettamente o comunque a grandi linee, un referendum o piuttosto un diktat, di cui cercando il significato letterale sempre su Wikipedia troviamo che sta ad indicare "sia una dura condizione non negoziale imposta sulla parte soccombente in un confronto (trattato di pace, armistizio, resa, etc.) sia un decreto o ordine autoritario indiscutibile emanato da un potere rappresentativo."


A onor del vero, Marchione sa tirar bene acqua al proprio mulino ed evita di parlare di chiusura di Mirafiori ma dichiara che "non faremo più l'investimento a Mirafiori e questo avrà le sue conseguenze sociali e le gestiremo da venerdì sera in poi"; bravino non c'è che dire bravino e fortunato perchè chi avrebbe avuto titolo di chiedere lumi ben più chiari, ossia il Ministro del Lavoro, Salute* e Politiche Sociali Maurizio Sacconi, mi sembra che non l'abbia fatto e, se un'azienda automoblistica (che almeno per i profani, richiede investimenti) decide di non investire in uno stabilimento, la sensazione molto forte è che voglia chiudere lo stabilimento in questione privando del lavoro e quindi della fonte di sostentamento i lavoratori che al limite godrebbero degli ammortizzatori sociali concessi dal Ministero e naturalmente pagati con somma gioia da tutti coloro che non hanno una busta paga "off shore".

Considerato ciò, specialmente da parte di chi era contrario, è ancora il caso di parlare di referendum legittimando l'evento di Mirafiori come tale?




* La Legge 13 novembre 2009, n. 172, istituisce nuovamente il Ministero della Salute, scorporandolo dal Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche sociali; a ricoprire l'incarico di Ministro della Salute viene chiamato il prof. Ferruccio Fazio, già Vice Ministro con ampie deleghe alla salute nel Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali dal 21 maggio 2009 al 12 dicembre; fino ad allora era il vice di Maurizio Sacconi che oltre ad essere ministro è anche il marito della signora Enrica Giorgetti che oltre ad aver ricoperto tra i tanti incarichi, quello di "Direttore della Direzione Lobby e Legislazione di Confindustria", secondo quel "comunista" di Vittorio Feltri è "una donna talmente in gamba da essere assurta alla direzione generale di Farmindustria"; secondo Feltri "Anche chi non ha dimestichezza con certi affari comprende: siamo di fronte a un gigantesco conflitto di interessi; il responsabile del dicastero (sia pure tramite il sottosegretario Fazio) controlla la Salute pubblica, e sua moglie è al vertice non di un’azienda di elettrodomestici bensì di un colosso quale Farmindustria che, come dice la parola stessa, si occupa di farmaci." Peccato che cercando su Libero (nel medesimo momento in cui scrivo) l'articolo integrale, ci si ritrovi davanti ad un "Pagina non disponibile - La pagina richiesta non è raggiungibile - Cause possibili: 1. L'indirizzo url della pagina non è corretto 2. Il sito è in fase di aggiornamento, riprovi più tardi.


Utenti connessi

Etichette: , , , , ,

domenica 16 gennaio 2011

MORIRE DI LICENZIAMENTO


Licenziato per 5 euro, si impicca in Sicilia
Biglietto alla moglie per chiedere scusa.

Un impermercato licenzia un lavoratore che non ruba ma monetizza un benefit; il lavoratore, un trentenne sposato e padre di un figlio di tre anni, cade in depressione, non regge l'umiliazione e l'attesa del ricorso al giudice e decide di impiccarsi.

Ammetto che sarei curioso di sapere di quale ipermercato si tratti, certo, non sarebbe proprio una bella pubblicità, in netto contrasto con tutti quei volantini farciti di coppie giovani, belle e sorridenti che intasano le nostre cassette della posta, oserei dire un'umiliazione per il nome dell'azienda ma, il caso vuole che tutti i giornali abbiano dimenticato di scriverlo: sbadati, smemorati o un tantinello zoccole?

Ciò che è certo è che licenziare si può, alla faccia dell'articolo 18 (difficile pensare ad ipermercati con meno di 15 dipendenti) che comunque, grazie ai tempi biblici della giustizia italiana in generale e quella siciliana in particolare è un'arma spuntata nei confronti di chi applica sanzioni disciplinari sproporzionate rispetto alle mancanze ed alle violazioni contrattuali commesse dai dipendenti per non parlare poi, delle attenzioni rivolte a certi dipendenti scomodi, attenzioni in odore di mobbing, problema di cui oramai non si parla più perchè c'è la crisi, c'è stata la botta dei subprime, ci sono i cinesi e bla bla bla dicendo.
Il malfunzionamento della macchina pubblica e nel caso specifico della giustizia, rende il licenziamento un formidabile deterrente nei confronti dei lavoratori magari già "rieducati" da anni di precariato; il "bello" del licenziamento è che non colpisci solo il lavoratore ma anche la sua famiglia e quando il licenziamento è immotivato (o è un modo per togliersi dalle balle lavoratori scomodi dando allo stesso tempo un segnale forte agli altri lavoratori) mi ricorda le vendette trasversali di cosa nostra in cui si colpivano i famigliari dei bersagli e non i bersagli stessi.

Chi sa qual'è il motivo che ha spinto quel lavoratore a monetizzare i buoni sconto e chi sa se lo stipendo del lavoratore rispettava l'articolo 36 della Costituzione che comunque sarebbe oramai norma e non eccezione ma tanto a chi gliene frega che venga violata la Costituzione? A ben pochi tra questi pochi, ancor meno saranno, sempre che ci siano, onorevoli, senatori e compagnia bella che anche se(e quando )lavorano, lavorano poco e male e di licenziarli, proprio non ci riesce.


Etichette: , , , ,

Emanuele Mazzaglia

Crea il tuo badge